L'effervescente Biblioteca Mirabello Scala di Pavia ospita, il 7 Novembre 2025 alle ore 18, una brillante narratrice dal multiforme ingegno, Marina Crescenti, per illustrare e dare conto e notizia della sua più recente produzione. Anche un giallo è un romanzo ed è un'opera letteraria che ha la medesima dignità di tutte le altre che l'hanno preceduta o che si occupano di altri temi: anzi, un poliziesco è meglio di un saggio sociologico, in primis, perchè è meno noioso e, in secundis, perchè consente una critica diretta e schietta alle storture e alle magagne della società moderna con un linguaggio affatto aulico, non omologato, non da specialisti ma più vicino ai veri destinatari di tutti i prodotti degli intellettuali, o presunti tali, che si candidano ad essere autorità morali e culturali: noi, il popolo comune, la maggioranza silenziosa (perchè impegnata, una volta tanto, a tenere lo sguardo sulle righe di una pagina invece che sulle piastrelle di silicio e terre rara e plastica). Anche se non potrò andarci, dico "EVVIVA!" e auguro buona lettura e buon divertimento a tutti. ©2025 testo di Claudio Montini - immagine condivisa dal profilo Facebook di Marina Crescenti
Gemelli-66
Digito ciò che penso e immagino.
sabato 1 novembre 2025
A Pavia, un appuntamento letterario da non perdere (se possibile...)
 Nell'ambiente ideale per quelli che la cultura è una bella cosa
di Claudio Montini
giovedì 30 ottobre 2025
Suggerimento di lettura o idea regalo...
di Claudio Montini
Per stare in tema Halloween, vi consiglio questa mia creazione per la collezione "GLI ATOMI-micro romanzi per chi va di fretta", intitolata SESSANTA SECONDI SOSPESI: si trova agilmente su amazon.com sia come ebook che in cartaceo.
Vi regalo un breve estratto tratto da questa favola tragica allestita in un teatro improbabile, ma reale, come il paese (o borgo, come in maniera irritante, a mio parere, si usano definire le piccole località e i villaggi dello Stivale Italico) dove sono cresciuto, vale a dire Sairano di Zinasco (come lo definivano mio padre e mio nonno), in provincia di Pavia.
In questo teatro, come in tanti altri luoghi sulla Terra, grazie a Dio, cielo e terra si toccano nell'intersezione in cui nascono i sogni, anche dopo le peggiori disgrazie e il corollario di dubbi che il dolore amplifica e sottolinea, affinché si riaffermi la speranza in una vita migliore anche dopo quella spesa in questa valle di lacrime.
[...] Non ti sopravvivrò, almeno questo mi è stato risparmiato...
Questa è la sola cosa di cui io possa menare vanto, se non si considera il fatto che io abbia vissuto sessanta secondi più di ogni altra creatura dell'universo.
[...] E' un regalo concepito e offerto da Dio per non soffocare la speranza, per dare una risposta quasi consolatoria all’ultima domanda che ciascuna creatura sensibile e senziente si pone, quella prima del suo giudizio insindacabile.
Il tempo si ferma e lo spazio si deforma quanto basta a fare in modo che i piani paralleli della vita si tocchino senza annichilirsi: un'ulteriore occasione per un congedo sereno, lo spazio per un "arrivederci" senza rimpianti, la concessione di uno sguardo disincantato alla propria memoria. [...]
Un minuto d'amore, alto come il cielo e profondo come il mare, insegna più di una vita a correre e cadere: tutto il resto è fatica sprecata e tempo perso. [...]
Buona lettura a chi vorrà ordinarlo e anche a chi si limiterà a leggere questo post!
©2025 Testo e immagini Claudio Montini
venerdì 24 ottobre 2025
In ricordo di un poeta amico...
Dedicato a Massimo Pistoja (1958-2022)
Scrivi sopra un sasso di pietra dura
queste parole a specchio della mia paura
non è facile salire sulle spalle della cultura
ma fare senza rende la vita una sterile pianura.
Non cercatemi né qui né altrove.
Non pensatemi, né oggi né domani.
Non biasimatemi mai più di ieri:
ho davvero finito d'offender Dio.
Ho sprecato più di quel che abbia ricevuto
e ho smesso di chiedere perdono e aiuto.
Scrivi sopra un sasso di pietra dura
queste parole a specchio della mia paura:
non è facile salire sulle spalle della cultura,
ma fare senza rende la vita una sterile pianura.
Avevo tutto il necessario apparentemente
per condurre una mano ricca e vincente,
ormai neppure ho gli occhi per piangere:
infatti, in un istante, li ho chiusi per sempre.
Era ora, era scritto, era tempo che finisse.
Scrivi sopra un sasso di pietra dura
queste parole a specchio della mia paura:
non è facile salire sulle spalle della cultura
ma fare senza rende la vita una sterile pianura.
Sono l'eco di cento canzoni dimenticate
dalla punta delle falangi del suonatore
che pigia ogni volta gli stessi pulsanti
per raccogliere effimeri complimenti:
appunto è tanta, troppa fatica per nulla!
©23/10/2022 (poesia) -24/10/2025 (prosa) Claudio Montini
di Claudio Montini
In questi giorni, la data non me la ricordo mai perché mi fa male, tre anni fa circa, veniva a mancare una persona a me molto cara sebbene non ci fossimo mai incontrati di persona. Avevamo stima l'uno dell'altro ed eravamo dei sognatori incalliti, apprezzavamo i pittori impressionisti e gli artisti puri, ovvero quelli che facevano qualcosa di bello per gli altri e per sé stessi senza porsi il problema di una remunerazione. Lui amava la poesia perché era il modo più diretto per mostrare e organizzare le proprie emozioni, io mi sentivo più a mio agio con la prosa, con la narrativa perché volevo creare un mondo almeno giusto, se non perfetto, in cui scappare quando questo attuale diventava brutto e cattivo.
Mi affidò un sogno, il suo sogno, chiedendomi di coltivarlo e svilupparlo e farlo crescere e maturare e di mettere tutte le parole che servivano per farne un romanzo, il suo romanzo.
Lui aveva poco tempo, forse lo sapeva già ma aveva deciso di lottare fino all'ultimo chilometro e di regalarsi quella soddisfazione: un poeta che diventa narratore e trasfigura la sua vita, la nasconde tra le righe nello stesso odo in cui lo ha fatto con versi e strofe.
Accettai senza perdere un'istante e iniziai un viaggio con dei personaggi e delle trame non del tutto mie le quali, tuttavia, modificarono e migliorarono (almeno credo che sia così) il mio stile e il mio approccio a una qualsiasi storia che bussi all'uscio della mia fantasia.
Per quanto mi sia sforzato e abbia prodotto in grande quantità, non sono arrivato in tempo cioè prima che l'ospite indesiderato si prendesse la sua coscienza e il suo ultimo respiro.
Forse quel giorno, per qualche misterioso motivo, mi venne fuori dalle dita e dalla matita la poesia che segue. Buona lettura a voi e arrivederci a Massimo Pistoja (1958-2022): ovunque tu sia, spero che tu possa perdonarmi e aiutarmi a trovare la strada giusta.
Scrivi sopra un sasso di pietra dura
queste parole a specchio della mia paura
non è facile salire sulle spalle della cultura
ma fare senza rende la vita una sterile pianura.
Non cercatemi né qui né altrove.
Non pensatemi, né oggi né domani.
Non biasimatemi mai più di ieri:
ho davvero finito d'offender Dio.
Ho sprecato più di quel che abbia ricevuto
e ho smesso di chiedere perdono e aiuto.
Scrivi sopra un sasso di pietra dura
queste parole a specchio della mia paura:
non è facile salire sulle spalle della cultura,
ma fare senza rende la vita una sterile pianura.
Avevo tutto il necessario apparentemente
per condurre una mano ricca e vincente,
ormai neppure ho gli occhi per piangere:
infatti, in un istante, li ho chiusi per sempre.
Era ora, era scritto, era tempo che finisse.
Scrivi sopra un sasso di pietra dura
queste parole a specchio della mia paura:
non è facile salire sulle spalle della cultura
ma fare senza rende la vita una sterile pianura.
Sono l'eco di cento canzoni dimenticate
dalla punta delle falangi del suonatore
che pigia ogni volta gli stessi pulsanti
per raccogliere effimeri complimenti:
appunto è tanta, troppa fatica per nulla!
©23/10/2022 (poesia) -24/10/2025 (prosa) Claudio Montini
venerdì 17 ottobre 2025
Due perfetti sconosciuti - seconda puntata - inedito in divenire
Chiamo io o chiami tu?
di Claudio Montini
di Claudio Montini
Il sabato, nell'economia
esistenziale e nella prassi dei cuori solitari di lungo corso, è un
palinsesto di abitudini e doveri e riti propiziatori molto
confortevole assai difficile da abbandonare: pulizie, bucato, spesa
al supermercato, paciughi in cucina per chi non s'accontenta dei
surgelati pronti o dell'asporto da gastronomia sotto casa, la radio o
un disco a far compagnia mentre si legge il giornale o un libro da
finire, da troppo tempo, sul comodino.
Specialmente al mattino o al pomeriggio: la sera ci si addormenta volentieri davanti alla televisione che prova, in ogni modo, a suggerire ogni esotica evasione scadendo, spesso, nel patetico o nel grottesco o addirittura nel pessimo gusto.
Negli autunni e inverni padani, in città come in campagna, in collina o in cima a una montagna, la cosa va così un po' dappertutto se non fosse per i cinematografi appiccicati ai centri commerciali, qualche coraggiosa sala da ballo e tardive sagre patronali o fiere natalizie: la società del tutto a portata di dito o di mano, informazioni e occasioni di svago comprese, ha perso progressivamente il gusto della comunicazione e dello scambio di idee oltre che di occhiate e battute fulminanti, di strette di mano e declinazione di nome e cognome o un semplice saluto.
Essere o avere non ha più grande importanza: quel che conta è apparire e vendere, secondo la lezione e la versione dei mezzi di distrazione di massa, cui non erano del tutto estranei.
Loro due non costituivano l'eccezione ma neppure confermavano la regola, forse non l'avrebbero fatto mai, dal momento che si erano tenuti al riparo dall'amore e dai suoi fastidi facendo come l'acqua che prende la forma del suo contenitore, nascondendosi sotto gli occhi di tutti senza sparire del tutto, aspettando il momento giusto per trasferirsi altrove ad osservare il mondo girare.
Tuttavia, se è vero, come è vero, che la goccia scava la roccia, anche il sentimento che muove il sole e le altre stelle è altrettanto capace di provocare la propria epifania, scardinando e sconvolgendo le esistenze più strutturate o più organizzate secondo la logica e la pratica: perchè il destino è qualcosa di cui si ha consapevolezza soltanto quando è alle proprie spalle, non mentre lo stai vivendo.
Dieci cifre numeriche si erano insinuate nelle trame delle loro abitudini, nei vortici dei loro pensieri, aprendo la porta di quella stanza defilata, occultata e discreta tramite la quale l'ego accede a un non luogo, fuori dallo spazio e dal tempo, chiamato anima o fantasia per comodità di linguaggio nel quale verità, finzione, desiderio e ragione si mescolano e si combinano coi ricordi dei momenti felici appena vissuti per dare vita a un fascio di linee che descrivano il migliore dei mondi possibili, parallelo a quello reale ma ideale per ritrovare il piacere della compagnia dei propri simili.
Lucio aveva scoperto il mondo dei numeri e degli strumenti per indagarlo, mapparlo, studiarlo e ne aveva fatto il suo castello, la sua corazza, la sua rocca inespugnabile.
La matematica non era affatto un'opinione, sebbene avesse gli strumenti e le teorie e la conoscenza della materia per essere in grado di dimostrare il contrario: ne aveva fatto il suo mestiere e ne aveva mutuato qualche linea guida nella propria esistenza, affascinato dal rigore e dall'ordine e dalla universalità del metodo di approccio e gestione della realtà.
Priscilla aveva un prima e un dopo nella propria vita, un fulcro o un'origine o un punto zero nella linea degli eventi che la caratterizzavano, di cui parlava pochissimo nascondendolo nel suo sorriso e nel suo aspetto minuto di eterna ragazza con una volontà ferrea e feroce: un senso della misura con il relativo istinto per l'eleganza e il ripudio dell'eccesso, in ogni ambito della vita, dentro o fuori o intorno a sé che riversava nei disegni, nei dipinti, nei colori e nei soggetti delle immagini che creava per liberare il sacro fuoco dell'arte che ardeva in lei senza consumarla.
Infatti, esse erano il veicolo per esternare e scaricare da sé la paura, l'indignazione, la rabbia e il dolore per un mondo in cui gabbie e tetti di cristallo non erano mai stati del tutto infranti: il disegno e la scelta delle tinte erano discipline ben definite e dettagliate quanto lo studio di una funzione tramite la sua derivata o lo sviluppo di una matrice vettoriale, mentre le sfumature di colore o di prospettiva coinvolgevano quanto il calcolo delle probabilità.
Eppure, nessuno dei due aveva ancora trovato il coraggio di usare per ciò che erano quelle dieci cifre messe in fila una accanto all'altra e che li identificavano come utenti di telefonia mobile, un modo come un altro di socializzare, nonostante il fatto che si fossero ritrovati l'uno nei pensieri dell'altra e viceversa non appena aperti gli occhi, in cima a tutti gli altri che reca con sé l'alba del sabato allo stesso modo in cui ciò accade nel resto dei giorni della settimana.
Erano entrambi attori di una commedia, vecchia quanto il mondo, di cui ignoravano tutto tranne l'urgenza di essere in scena a scambiarsi gli occhi e a rubare le parole ai poeti.
Inconsciamente, tuttavia, temevano di rubare tempo e fiato a un piccolo sogno appena sbocciato, avventurandosi in territori inesplorati o poco frequentati in passato.
Dopo tutto, il futuro è un'ipotesi da maneggiare con cautela anche quando è un treno da non perdere, da non lasciare andare giacché non ripassa. 
©2025 Testo di Claudio Montini
©2021 Immagine di Orazio Nullo "People in the street" - Atelier Des Pixels collection
©2025 Testo di Claudio Montini
©2021 Immagine di Orazio Nullo "People in the street" - Atelier Des Pixels collection
mercoledì 15 ottobre 2025
Interludio elegiaco? Sì, forse...
Tutto scorre
si perdono nei meandri del silenzio.
L'oscurità non serve a nascondersi:
è sul palcoscenico degli occhi chiusi
che si recitano cose avulse dalla realtà.
La notte, semmai, farà il suo dovere:
ora dopo ora, minuto per minuto, passerà.
Da che mondo è mondo, è così che fa:
come quando eravamo atomi senz'anima,
senza orgoglio, senza amore e senza storia.
Verrà la morte ma non avrà i tuoi occhi:
perciò avrà fretta di passare oltre,
che i clienti, alla fine, sono proprio tanti
e la fila non si muove, non va avanti.
di Claudio Montini
Le mie parole rincorrono il vento,si perdono nei meandri del silenzio.
L'oscurità non serve a nascondersi:
è sul palcoscenico degli occhi chiusi
che si recitano cose avulse dalla realtà.
La notte, semmai, farà il suo dovere:
ora dopo ora, minuto per minuto, passerà.
Da che mondo è mondo, è così che fa:
come quando eravamo atomi senz'anima,
senza orgoglio, senza amore e senza storia.
Verrà la morte ma non avrà i tuoi occhi:
perciò avrà fretta di passare oltre,
che i clienti, alla fine, sono proprio tanti
e la fila non si muove, non va avanti.
©2025 Testo di Claudio Montini
©2024 Immagine di Orazio Nullo "Dream crumbs in the eyes" - Atelier Des Pixels
 
©2024 Immagine di Orazio Nullo "Dream crumbs in the eyes" - Atelier Des Pixels
lunedì 13 ottobre 2025
Due perfetti sconosciuti - prima puntata - inedito in divenire
Il primo appuntamento
di Claudio Montini
Venerdì erano due sconosciuti
che vivevano a capolinea opposti di linee d'autobus, le cui rotte si
intersecavano nel centro della città ma senza sfiorarsi: erano
estranei l'uno alla vita dell'altra come turisti e indigeni, ciascuno
avvolto nelle proprie aspettative così come nelle rispettive
frustrazioni. 
Ciò non di meno, stavano seduti
al tavolo di un bar pasticceria davanti a due tazze di cioccolata con
panna e un vassoio di piccole paste frolle assortite e profumate,
intenti e attenti a scambiarsi sorrisi di cortesia e aneddoti
biografici per sondare i reciproci mondi, cercando ragioni o punti in
comune che spiegassero perché fossero lì sul punto di scambiarsi
numeri di telefono e indirizzi di casa ma vi rinunciassero,
procrastinando il gesto di separarsi con una promessa di un nuovo
appuntamento e una stretta di mano. 
Fuori, Novembre si ricordava
d'essere il mese delle nebbie e delle prime gelate a quella
latitudine a nord del quarantacinquesimo parallelo, lasciando che la
foschia salisse dal fiume azzurro, per via dei Liguri e corso Strada
Nuova, fino a piazza Cavagneria per dilagare in piazza Duomo fino a
via Bossolaro facendo di Pavia un sobborgo della vecchia Londra,
quella di Chesterton o di Conan Doyle o di Dickens, se le luci al
neon delle insegne e dei lampioni non si fossero accesi con la
lentezza inesorabile del crepuscolo. 
Al barista Fabio, vecchio volpone
del cappuccino e sapiente ruffiano, smaliziato ed esperto quanto
basta intenditore di spiriti umani e alcolici, sarebbe stata più che
sufficiente una cinica occhiata per distinguere tra simpatia e
infatuazione, prendendo immediatamente le distanze da entrambe le
cose una volta date le spalle a quelle altrui o calata la saracinesca
del locale per tornare a casa. 
Ma nessuno chiese il suo parere,
per fortuna: due stelle avevano appena deviato dalle rispettive
orbite per ruotare intorno a un nuovo centro di gravità, senza
alterare il tessuto dello spazio e del tempo, semplicemente
ignorandolo come sempre accade ad ogni svolta della vita o ad ogni
evento non atteso né previsto. 
Approfittando dei tovaglioli di
carta con il marchio del caffè torrefatto alle porte della città,
si scambiarono le rispettive coordinate per rintracciarsi e,
finalmente, si strinsero la mano. 
Quel primo contatto di pelle e di
carne così sano, sodo, sincero e caldo, vivo, energico senza essere
eccessivo esprimeva, a entrambi, la chiara intenzione di infondere
fiducia in chi lo avesse ricevuto al di là dell'espressione del
volto e dello sguardo, come se questi ultimi fossero accessori della
maschera o del travestimento o del costume indossato per l'occasione. 
Intanto, grazie a quel gesto,
nuvole di farfalle si erano liberate autonomamente nello stomaco e
nell'anima dei due senza, però, prendere ancora la via della testa
per suonare campanelle o altre melodie negli orecchi. 
Vincendo con un caldo sorriso le
sue rimostranze, lui saldò il conto e le aprì la porta offrendole
il braccio come facevano le coppie del secolo scorso: lei ricambiò,
appena appena piacevolmente confusa e felice nello stesso tempo,
facendo scivolare la propria mano sull'avambraccio fino ad avvolgerlo
e a stringergli di nuovo la mano mentre uscivano dalla scena del
primo appuntamento, dopo anni spesi a non farsi soverchie illusioni o
a viverle tra le righe e le parole, così pure come tra le ombre e le
luci proiettate sullo schermo, piccolo o grande che fosse. 
La sera era scesa in fretta come
la densa umidità ghiacciata che presto sarebbe fiorita sui tetti e
sulle ringhiere e le maniglie dei portoni, facendo del basolato o dei
sampietrini di porfido o del selciato insidiose superfici per tutti i
tacchi vertiginosi: ma quella non era roba per lei né per lui. 
C'era, tutto intorno a loro,
un'aura di energia nuova che li sospinse, quasi veleggiassero sospesi
da terra, alle rispettive e dirimpettaie fermate d'autobus: ad ogni
passo, uscivano, insieme alle nuvole di fiato caldo, nuovi aneddoti e
citazioni di canzoni e rivelazioni di gusti cui non avevano pensato
prima ma ora parevano urgenti e indispensabili a comporre il mosaico
di sé, quello che rimane impresso nella memoria e lavora coi
sentimenti umani per eccellenza. 
Lui attese che salisse, si
sistemasse e la salutò con la mano aperta che si faceva cornetta del
telefono, tornando immediatamente a palmo aperto. 
Lei rispose con il pugno chiuso
ma col pollice ben disteso verso l'alto, mentre le porte a soffietto
si chiudevano e il motore accelerava per proseguire la corsa. 
La poteva pensare al sicuro,
adesso o almeno fino a destinazione, poiché anche i malintenzionati
a quell'ora pensavano alla cena oppure a trovarsi un caldo riparo per
la notte. 
Ora poteva rimettere le mani in
tasca e raggiungere il lato opposto della via ad attendere, insieme a
una manciata di altri pavesi, di tornare ad asserragliarsi nel
proprio nido o nel proprio guscio come piaceva fare a loro, lasciando
che il tempo o le le mode o il mondo stesso passassero di nuovo di
lì: esattamente come l'autobus e la sua linea circolare.
©2025 Testo di Claudio Montini 
©2021 Immagine di Orazio Nullo "People in the street" - Atelier Des Pixels collection
sabato 11 ottobre 2025
Da solo... di Andrea Stefanet
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